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I pareri dei nostri lettori
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Una trama avvincente e ben congegnata. T2 è una
straordinaria invenzione, degna del migliore Crichton.
10 e lode.
Bruno G. |
Finalmente un thriller con un po' di humor, cosa davvero
rara nella narrativa italiana. Me lo sono sparato in un
week-end e poi mi è mancato tanto.
Guido C. |
Ho fatto la ricercatrice per qualche tempo e anch'io come
Jacob Suchard, ho sognato di toccare Dio con un dito. Questo
libro descrive bene la pulsione che spinge le migliori menti
ad andare oltre.
Susanna D. |
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Jacob Suchard è un ricercatore del
CERN, il prestigioso centro di ricerca di Ginevra. Giovane,
intelligente, colto, capace e ambizioso è uno dei responsabili del
costruendo nuovo acceleratore di particelle, il Large Hadron
Collider. Suchard è rispettato per la sua competenza ma anche odiato
e invidiato per la sua genialità e, soprattutto, per la sua
determinazione che spesso sconfina nella mancanza di scrupoli.
Obiettivo di Jacob è, infatti, quello di diventare il più giovane
premio Nobel della storia.
Nel corso di un esperimento clandestino, volto a confermare una sua
innovativa teoria che potrebbe valergli il tanto agognato Nobel,
viene investito da un potente flusso di particelle. Perde i
sensi per alcuni minuti e al risveglio non dice a nessuno
dell'incidente anche perché non ha subito alcun evidente danno
fisico. Torna nel suo appartamento e si concede un giorno di riposo.
Ma al suo risveglio si troverà investito da un turbine di
passioni incontrollabili che lo costringeranno a comportamenti
fra loro contrastanti. Solo in seguito capirà che le personalità
che lo posseggono in successione sono 10, tante quanti sono i
7 peccati capitali (accidia, ira, superbia, gola, avarizia,
invidia, lussuria)
e le 3 virtù teologali (fede, speranza, carità).
I cambiamenti sono repentini e contrastanti mettendolo in grave
difficoltà con i propri colleghi e affetti più cari.
A questo racconto, scorre in parallelo una vicenda completamente
differente, senza alcun apparente nesso.
Xavier Cortez si presenta a casa di Jules Craig dicendo di essere un
vecchio amico di sua moglie Clara, morta alcuni mesi addietro, in un
incidente stradale.
L'uomo racconta di essere stato "socio" di Clara e di averle
promesso, se lei fosse morta, di confessare tutto a Jules. Craig
scopre così di aver vissuto per oltre ventanni accanto a una donna
che conduceva una seconda vita a lui del tutto sconosciuta.
Assieme a Xavier, Clara gestiva T2, un
Think Tank segreto dedito a gestire il più incredibile esperimento
socio-cibernetico che mente dell'uomo abbia mia inventato...
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i primi capitoli del libro. |
Sono un vero maniaco di Asimov, ho letto almeno tre volte l’intero
Ciclo della Fondazione (quattordici volumi quattordici) e come
appassionato di future study (futurologia) ho sempre ritenuto la sua
psicostoria la più grande invenzione di sciencefiction di tutti i
tempi.
Nel mio piccolo, in 10, ho immaginato qualcosa di
intellettualmente altrettanto ambizioso, anche se completamente
differente in termini di risultati attesi. 10 è uno dei libri più
complessi, in termini di costruzione narrativa, che abbia mai
scritto.
In realtà si tratta di due differenti storie che si
congiungono in un unico flusso narrativo.
Mentre scrivevo questo
thriller fantapolitico, oltre a quello di raccontare una storia avvincente ambientata
in uno dei più straordinari ambienti scientifici del mondo, il CERN
di Ginevra, avevo in mente due altri obiettivi.
Il primo,
squisitamente contenutistico, di far dialogare la ragione della
ricerca scientifica (la Grand Unification Theory della fisica delle
particelle che dovrebbe spiegare tutto della nostra esistenza e
dell’esistenza dell’Universo) e la ragione della Fede.
Il secondo,
stilistico, di raccontare un thriller con un po’ di humor, come
quello che contraddistingue i romanzi di un autore americano che amo
molto, Nelson DeMille.
Fantapolitica, religione, scienza, humor:
quanti ingredienti per un solo libro! Chissà se la ricetta è venuta
bene?
Scaricate i primi capitoli
del romanzo gratuitamente e giudicate voi. |
dal terzo capitolo
Non sono un cioccolataio.
"Mi chiamo Jacob Suchard e non sono un cioccolataio".
Così Jacob esordiva spesso nei suoi speech a convegni e congressi
internazionali. Lo faceva sia per accattivarsi le simpatie del pubblico
di solito composto di scienziati rinsecchiti e disillusi - un motto di
spirito è sempre gradito in un palloso congresso sulla fisica delle
particelle - sia per evitare di essere scambiato dai colleghi italiani
per un pasticcione, visto che per un italiano fare la figura del
cioccolataio equivale a dire che si è fatta la figura dell'allocco. Il
suo nome e cognome, così svizzeri e così famosi nel mondo, erano da
sempre motivo d'imbarazzo per lui, uno dei più promettenti scienziati di
una delle più indigeste discipline che la mente dell'uomo abbia mai
generato: la fisica delle particelle.
Genevieve, la sua fidanzata, quando lo presentava in società, e visto
che lei discendeva da una famosa dinastia di banchieri i suoi conoscenti
appartenevano tutti all'alta società, diceva sempre che lui lavorava
nella meccanica di precisione come se essere un orologiaio svizzero
fosse meglio che essere un esponente di punta del CERN di Ginevra, il
prestigioso Centre Europèen pour la Recherche Nucleare nel quale
lavorano alcune delle migliori menti dell'intero globo terrestre.
Nonostante i suoi appena ventitre anni, il nome da cioccolataio e la
vaga somiglianza a Pierce Brosnan – e questo era un vero e proprio
handicap in ambiente scientifico dove la scarsa prestanza fisica se non
addirittura le menomazioni sono considerate caratteristiche peculiari di
un ricercatore standard - era riuscito, grazie a caparbietà, competenza
e a una buona dose di strafottenza, a farsi nominare responsabile di
alcuni importanti esperimenti e, soprattutto, a diventare uno dei membri
più ascoltati del comitato preposto alla costruzione e alla gestione di
quello che era da tutti considerato il futuro del CERN, il Large Hadlon
Collider, un aggeggino lungo ventisette chilometri che avrebbe
consentito collisioni fra particelle con un energia pari a 7 TeV. La sua
nomina, ovviamente, aveva indignato la quasi totalità dei suoi colleghi,
più anziani, più brutti, meno dotati, ma più esperti, che miravano a un
coinvolgimento diretto nel comitato di gestione del più importante
progetto dell'istituto di ricerca.
Ma a questo Suchard era abituato. Nel corso della sua breve ma
significativa esperienza accademica e professionale aveva leccato e
rotto il didietro a un numero imprecisato d'individui, perché lui, per
raggiungere il fine, era disposto a usare qualsiasi mezzo. E il suo fine
non era affatto banale: diventare il più giovane premio Nobel di tutti i
tempi.
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