Home  OneManPublisher  Download  eBook  TbookStory

  Tbook ebook libri romanzi

 

libri, libro, ebook, epub, mobipocket, gratis, libri novità, innovazione, letteratura, romanzo, romanzi, romanzi novità, thriller, fantapolitica, novità fantascienza, giallo, tecnologia, racconto, racconti

Panopticon di Fausto Pasotti - Milano 2009 · Pagine: 138 - Prezzo: 5 euro

libri, libro, ebook, epub, mobipocket, gratis, libri novità, innovazione, letteratura, romanzo, romanzi, romanzi novità, thriller, fantapolitica, novità fantascienza, giallo, tecnologia, racconto, racconti

libri, libro, ebook, epub, mobipocket, gratis, libri novità, innovazione, letteratura, romanzo, romanzi, romanzi novità, thriller, fantapolitica, novità fantascienza, giallo, tecnologia, racconto, racconti
 


I pareri dei nostri lettori

Ho finito di leggerlo in autobus mentre tornavo a casa dal lavoro. Ero commosso e avevo gli occhi lucidi. La gente mi guardava con compassione come se fossimo a un funerale.
Io invece ero felice perché avevo avuto la mia risposta ultima.
Carlo G.

Capisco perché il Maestro Dario Piana voglia farne un film. Si tratta di un soggetto straordinario per farne un blockbuster.
Speriamo questo avvenga presto.
Stefano T.

Ci sono thriller che si leggono e si dimenticano, ce ne sono altri che lasciano il segno, come Panopticon.
Luisa R.
 
 

Acquista a 5€  l'eBook (formato.prc)  e leggilo su computer, cellulare, PDA e eBook Reader


 
necessita del Reader gratuito di Mobipocket installabile su Windows, Palm OS, Windows Mobile, Symbian OS, Blackberry, Cybook, iRex,, Hanlin, BeBook

Oppure acquista a 5€  l'ebook (formato .epub) e leggilo con Adobe Digital Edition
necessita del Reader gratuito di Adobe Digital Edition installabile su Windows, Mac, Windows Mobile e vari EBook Reader (Sony, ecc.)

Scarica gratis 76 pagine delle 138 pagine di cui si compone il libro
La sinapsi Booktrailer


Costruito a metà tra un instant movie e  un excursus filosofico, “Panopticon” è un Thriller intriso di sentimenti forti, schietti e contrastanti, in cui l’apparenza viene travolta irrimediabilmente dalla realtà, in cui la presa di coscienza dolorosa e definitiva si risolve in una catarsi finale che espia le vanità umane, ribalta il comune sentire, travolge il tempo e travalica tutto ciò che agli occhi umani può sembrare razionale, coerente, giusto.
Panopticon prende il nome dal progetto di carcere-modello ideato dal filosofo utilitarista britannico Jeremy Bentham nel 1791. Bentham ha immaginato un edificio semi-circolare che ospita le celle in una sorta di circonferenza, al cui centro è collocata la sede dei sorveglianti. I prigionieri non possono così vedersi né comunicare l’un l’altro, ma sono esposti al controllo perenne delle guardie che possono osservare tutti senza essere mai visti. 
Nella medesima condizione si viene a trovare Jack il protagonista del libro, ferito a morte mentre cammina nel centro della sua città: riverso a terra, con la faccia sul selciato, grondante di sangue, può veder la scena del suo ferimento, i curiosi che accorrono, i poliziotti, il caos e lo sgomento che si creano in situazioni del genere, paradossalmente da un punto di vista privilegiato, che gli permette di valutare senza essere valutato, capire senza essere capito, sentire senza essere sentito.


 

Cinque minuti: tanti i capitoli di questo giallo, tanti i minuti che gli restano per comprendere il significato profondo della sua vita, del suo passato professionale e umano. Cinque minuti scanditi da un vorticoso turbinio di eventi e colpi di scena, di visioni e rivelazioni che ribaltano ogni logica possibile. Tra i mille dubbi che possono attraversare la mente di un uomo sul filo sottile e tagliente che delimita il confine tra la vita e la morte, Chi e Perché sono le domande che tormentano il protagonista che, con sorprendente lucidità mista ad un delirio consapevole, passa in rassegna tutta la sua esistenza, in un crescendo di disperazione, orgoglio e un senso lacerante di impotenza/onnipotenza. Una vita normale in un pomeriggio normale viene sconvolta radicalmente nelle sue basi, nelle sue radici, nella sua essenza più pura, senza un’apparente giustificazione o logica. Il tempo dei pensieri allora si dilata all’infinito in un flash back continuo e martellante che ripercorre tutte le tappe di una intera vita spesa tra lavoro-famiglia-carriera e sogni lasciati nel cassetto della giovinezza, mentre il tempo reale scorre freneticamente in un susseguirsi di eventi che ne sconvolgono irrimediabilmente il destino. Lo spettro della morte consegna al protagonista una  logica penetrante e superiore, pregna di un che di divino e mistico: disteso a terra, si sente il guardiano del Panopticon della vita, il custode dei pensieri del mondo, colui che riesce in un ultimo afflato a comprendere le dinamiche umane di tutti gli astanti accorsi sul luogo dell’incidente, a leggere nelle loro anime a frugare nei loro sentimenti più reconditi. Ma proprio nel momento in cui crede di aver compreso il significato ultimo e più profondo della vita, tanto da essere riconciliato con essa e pronto all’idea della morte, tutte le sue certezze vengono frantumate e travolte da un catena di eventi imprevedibili, insospettabili, dirompenti e da rivelazioni che cambieranno per sempre il volto della sua esistenza passata, presente e futura. Scopre che il suo ferimento non è stato casuale, che la sua morte, apparentemente incomprensibile, è stata voluta con fredda determinazione.   Spionaggio industriale, terrorismo internazionale, questioni etiche e politiche, sentimenti che sconfinano in un amore torbido e proibito, si intrecciano in una parabola umana che risponde all'unica domanda cui non sappiamo rispondere:

"Vuoi sapere qual è il senso di tutto questo?
Qual è la risposta ultima, qual è il senso della vita?”


Scarica i primi capitoli di questi thriller

 

L'assaggio Il punto di vista dell'autore


dal primo capitolo
Minuto primo
 

Per ogni cosa c'è il suo momento,
il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C'è un tempo per nascere
e un tempo per morire,
un tempo per piantare
e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere
e un tempo per guarire,
un tempo per demolire
e un tempo per costruire.

Ho sempre pensato di essere destinato a realizzare qualcosa d'importante per la quale la gente, e per gente intendo soprattutto quelli che non ho conosciuto e che mai conoscerò, mi avrebbe ricordato. Non che della gente e delle loro opinioni m'importi granché, ma la cosa mi ha sempre affascinato. Un libro, una canzone, un edificio, una cosa qualsiasi… tanto per creare l'inganno dell'immortalità. Questa idea del ricordo postumo è stata per anni una vera ossessione, svanita, grazie a Dio, con l'avanzare dell'età e le disillusioni della vita.  Adesso che sono riverso sull'asfalto, intriso del mio stesso sangue, a guardare immoto e impotente quello che resta del mio corpo, tutto mi appare insensato. Quando si sta per morire, e io so che sto per andarmene, le cose appaiono chiare, ognuna col suo giusto peso. Non ho paura e, vivaddio, non sento nemmeno dolore. La morte, la mia almeno, spero sia lieve come un'aria di Mozart. Sento ancora il frastuono degli spari, ma di quanto è successo non mi è rimasta alcuna immagine sulla retina. Mi sono sentito spingere all'indietro, le colonne dei porticati in fuga verso la Cattedrale, i volti risucchiati dal mio passare, il vuoto che avvolge ma non sostiene.  È stato come volare. Poi il freddo e il ruvido del selciato e infine l'azzurro del cielo. C'è anche una piccola nuvola bianca. Erano anni che non ne vedevo una. Le immagini passano veloci, più rapide di quanto la mia mente riesca a percepire e i suoni hanno già raggiunto la soglia dell'effetto Larsen. Sono sempre vissuto in città, dove il cielo è poco più di un soffitto e le nuvole, anche se ci sono, non significano niente. Mi pare di ricordare, ma è un filmato in uno sbiadito bianco e nero, di una gita in campagna quand'ero bambino, sdraiato su di un campo, a naso in su, a guardare le nubi e i cirri rincorrersi trascinati dal vento. Ma forse si tratta solo della scena di un film visto su un vecchio televisore B&W. Non so perché diavolo mi vengano in mente queste cose ma quella nuvola è davvero graziosa. Se ne sta lassù sola - fortunata lei ad esserlo - nello spazio di cielo lasciato libero da due palazzi, immobile…Una fitta di dolore, una sola.
Chi e perché.
Se n'è andato, il dolore, e mi ha lasciato in compagnia di queste due stupide domande del cazzo. Quante volte nella vita ho cercato la verità e ho trovato risposte che non volevo? Non voglio sprecare i miei ultimi istanti cercando di rispondere a domande prive di significato.
La nuvola intanto è sparita ed è rimasto solo l'azzurro del cielo.
Abbasso lo sguardo. Ci sono altri due corpi riversi sull'asfalto, tanti quanti gli spari che mi hanno colpito. Il primo dei due mi ha ferito di striscio alla spalla, in pratica non ho fatto nemmeno in tempo ad accorgermene. È stato il secondo a scaraventarmi dove mi trovo. Non so niente di armi, ma di certo si trattava di un grosso calibro perché mi sono sentito sollevare da terra e poi, com'è vero Iddio, sono volato. Cazzo se sono volato! Mi sembrava di essere Keanu Reeves in una scena di Matrix. Se non fosse per la prognosi finale, direi quasi che è stato divertente. Si sentono le urla isteriche di una donna: vorrei tanto sapere che cosa ha da urlare visto che sono io a essere stato ferito. Qualcuno urla di chiamare la polizia, un altro chiede a gran voce un'ambulanza. Lo scalpiccio di passi è sempre più forte. Attorno si deve essere formata una discreta folla.
Il sangue ha sempre successo.
Compiango quelli che fingono di esecrare e condannare l'esibizione della violenza. I media la mostrano perché noi lo chiediamo. Stephen King non sarebbe multimilionario se noi fossimo tutti appassionati di storie alla Eco o alla McEwan. Trovo naturale che la mia morte dia spettacolo, anche se avrei preferito andarmene in silenzio. In ogni modo che guardino pure, finché se ne stanno a debita distanza, non m'importa.
Una fitta di dolore, una sola.
Chi e perché.
Ancora quelle due cazzo di domande!
Non voglio sapere ma, soprattutto, voglio gustare questi ultimi attimi a modo mio. Forse è la prima volta che posso decidere qualcosa fottendomene delle conseguenze. La paura degli esiti indesiderati, che io ho sempre mascherato dietro l'asettica espressione senso di responsabilità, mi ha costretto ad una condotta di vita del tipo lavoro – casa – famiglia – dovere - eccetera. Intendiamoci, a queste cose io sempre creduto e probabilmente rifarei tutte le scelte che ho fatto: ho, anzi avevo, una bella famiglia, una casa in città e una al mare, un buon lavoro. Ma non è questo il punto. La vera domanda è un'altra: nel corso della vita ho fatto quello per cui sono venuto al mondo o ho sprecato il mio talento, se mai ne ho avuto uno, inseguendo un bel programmino posto fisso con stipendio a fine mese? Quell'ossessiva idea di essere destinato a qualcosa di importante era solo una mia ambizione o invece sono stato un ingrato codardo che, per paura di perdere la propria tranquillità, ha gettato il suo ingegno al vento?
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
Lo sguardo torna all'asfalto. I due corpi sdraiati a terra si stanno rialzando. L'uomo sparisce subito inghiottito dalla folla. La donna, ancora sotto shock, resta in piedi senza sapere cosa fare. Elegante, sotto la trentina, indossa una pelliccia. È bella e sa di esserlo. Sa che in quel preciso momento decine di sguardi maschili la stanno osservando, non per quello che le sarebbe potuto accadere, ma per la sua bellezza resa ancora più eccitante dall'abbondante dose di rosso pomodoro che riempie i vuoti della scena. Lei si guarda attorno, lanciando rapidi sguardi ai suoi ammiratori per poi riportare gli occhi verso un dettaglio della propria mise. Non esiste lembo del suo viso che non sia stato trattato con una crema, un fondotinta o un ombretto. È perfetta e sa di esserlo. La pelliccia, slacciata ad arte, lascia intravedere attraverso lo spacco della gonna una gamba lunga e slanciata che termina su una caviglia esile come lo stelo di un flute di cristallo. Si guarda ancora intorno poi, inatteso, il suo sguardo incrocia il mio e già mi aspetto di sentire un urlo o di vedere la mano che corre a coprirsi la bocca o gli occhi per nasconderli dall'orrore e il disgusto del mio sangue. Invece sostiene il mio sguardo e si avvicina decisa.
Finora nessuno l'aveva ancora fatto. Tutti gli altri stronzi che mi circondano se ne sono rimasti distanti quel che basta per non sentire l'odore del mio fluido vitale che si sta spargendo sull'asfalto.
Quando è a meno di un passo da dove sono, s'inginocchia, le sue splendide cosce imbrattate di sangue alla mercé degli sguardi di tutti, e mi sorride.
Non so cosa ci sia da sorridere ma capisco che il suo è un riflesso condizionato, ispirato da un qualche recondito istinto da crocerossina.
Il profumo, il suo profumo non quello della costosa eau de toilette di cui si è irrorata, mi penetra nelle cavità nasali fino all'etmoide e da lì alla corteccia cerebrale.
"Stai calmo, stanno arrivando i soccorsi".
La sua voce, anzi il corpo della sua voce, è potente e pervasivo come il suono di una tromba nell'abside di una cattedrale. Tutti gli scalpiccii, i mormorii, gli stridii, gli squittii degli stronzi che ci stanno attorno spariscono. Siamo rimasti soli. Ancora una volta non capisco dove mi stia portando la mente. Ho forse solo pochi istanti da vivere e certo non posso avere alcuna mira su questa donna, eppure mi ha già infettato l'esistenza. Ci sarebbe da meditare a lungo, avendone il tempo, su questo. Io, invece, me ne voglio fottere. Mi torna alla mente un film - La vita a modo mio - con un attempato Paul Newman che interpreta un vecchio mascalzone che, nonostante le disgrazie accumulate nel corso degli anni, vive intensamente la vita per quel che è, disincantato di quello che pensano gli altri e di quello che gli potrà accadere il giorno dopo. Ecco, io voglio vivere questi ultimi istanti, così: libero, incosciente a tal punto d'innamorarmi di una donna che non conosco anche se so che non potrò mai averla perché non me ne rimane il tempo.
Lei continua a sorridere. Ho voglia di baciarla. Provo a parlare.
Una fitta di dolore, una sola.
Chi e perché.

 

Scarica i primi capitoli del libro 


Quando ho avuto l'idea del Panopticon mi trovavo in ufficio e ho pensato esattamente questa frase: "Un uomo è ferito a morte mentre cammina nel centro della sua città. Negli ultimi cinque minuti della sua esistenza oltre a comprendere il senso della propria vita, scoprirà chi e perché". 
Subito dopo mi sono detto, non ce la farò mai! Com'è possibile sostenere un romanzo, anche se breve, con il protagonista in fn di vita, impossibilitato a emettere il benché minimo suono e pretendere che lui stesso scopra movente e attore del proprio omicidio?
Eppure ci sono riuscito e così bene che...

Presto (forse) Panopticon sarà un film
Dario Piana (www.dariopiana.com),  il più blasonato e longevo dei registi pubblicitari italiani, si è immediatamente innamorato di questo soggetto e siccome nel 2003 non aveva ancora concrete possibilità di poterlo proporre a una Major di Hollywood, ne aveva portata una copia a Stefano Gallini, produttore della Code39 FILMS di Beverly Hills che qualche mese dopo ha opzionato il libro per poterne fare un film.
Per chi non lo sapesse la gestazione di un film è cosa lunghissima ed essendo la Code 39 impegnata in numerose produzioni, il film sul Panopticon non ha mai visto la luce.
Nel frattempo però, Dario ha fondato una propria casa di produzione la PIANA FILM e ha opzionato finalmente il Panopticon per i propri fini.
Quindi, mentre aspettate di vederlo al cinema, potete scaricare i primi capitoli di questo giallo gratuitamente e magari acquistare poi il libro.
 

Copyright © 2009 - 2010  - All rights reserved - Tbook  è un marchio e un formato di libro depositato - info@tbook.it