Panopticon
di Fausto Pasotti -
Milano 2009 ·
Pagine:
138 - Prezzo: 5 euro
I pareri dei nostri lettori
Ho finito di leggerlo in autobus mentre tornavo a casa
dal lavoro. Ero commosso e avevo gli occhi lucidi. La gente
mi guardava con compassione come se fossimo a un funerale.
Io invece ero felice perché avevo avuto la mia risposta
ultima. Carlo G.
Capisco perché il Maestro Dario Piana voglia farne un film.
Si tratta di un soggetto straordinario per farne un
blockbuster.
Speriamo questo avvenga presto. Stefano T.
Ci sono thriller che si leggono e si dimenticano, ce ne sono
altri che lasciano il segno, come Panopticon. Luisa R.
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La
sinapsi
Booktrailer
Costruito a metà tra
un instant movie e un excursus filosofico, “Panopticon” è un
Thriller intriso di sentimenti forti, schietti e contrastanti, in cui
l’apparenza viene travolta irrimediabilmente dalla realtà, in cui la
presa di coscienza dolorosa e definitiva si risolve in una catarsi
finale che espia le vanità umane, ribalta il comune sentire,
travolge il tempo e travalica tutto ciò che agli occhi umani può
sembrare razionale, coerente, giusto. Panopticon prende il nome dal progetto di carcere-modello ideato dal
filosofo utilitarista britannico Jeremy Bentham nel 1791. Bentham ha
immaginato un edificio semi-circolare che ospita le celle in una
sorta di circonferenza, al cui centro è collocata la sede dei
sorveglianti. I prigionieri non possono così vedersi né comunicare
l’un l’altro, ma sono esposti al controllo perenne delle guardie che
possono osservare tutti senza essere mai visti. Nella medesima condizione si viene a trovareJack il protagonista del
libro, ferito a morte mentre cammina nel centro della sua città:
riverso a terra, con la faccia sul selciato, grondante di sangue,
può veder la scena del suo ferimento, i curiosi che accorrono, i
poliziotti, il caos e lo sgomento che si creano in situazioni del
genere, paradossalmente da un punto di vista privilegiato, che gli
permette di valutare senza essere valutato, capire senza essere
capito, sentire senza essere sentito.
Cinque minuti: tanti i capitoli di questo giallo, tanti i minuti che gli restano per comprendere
il significato profondo della sua vita, del suo passato
professionale e umano. Cinque minuti scanditi da un vorticoso
turbinio di eventi e colpi di scena, di visioni e rivelazioni che
ribaltano ogni logica possibile. Tra i mille dubbi che possono
attraversare la mente di un uomo sul filo sottile e tagliente che
delimita il confine tra la vita e la morte, Chi e Perché sono le
domande che tormentano il protagonista che, con sorprendente
lucidità mista ad un delirio consapevole, passa in rassegna tutta la
sua esistenza, in un crescendo di disperazione, orgoglio e un senso
lacerante di impotenza/onnipotenza. Una vita normale in un
pomeriggio normale viene sconvolta radicalmente nelle sue basi,
nelle sue radici, nella sua essenza più pura, senza un’apparente
giustificazione o logica. Il tempo dei pensieri allora si dilata
all’infinito in un flash back continuo e martellante che ripercorre
tutte le tappe di una intera vita spesa tra lavoro-famiglia-carriera
e sogni lasciati nel cassetto della giovinezza, mentre il tempo
reale scorre freneticamente in un susseguirsi di eventi che ne
sconvolgono irrimediabilmente il destino. Lo spettro della morte
consegna al protagonista una logica penetrante e superiore, pregna
di un che di divino e mistico: disteso a terra, si sente il
guardiano del Panopticon della vita, il custode dei pensieri del
mondo, colui che riesce in un ultimo afflato a comprendere le
dinamiche umane di tutti gli astanti accorsi sul luogo
dell’incidente, a leggere nelle loro anime a frugare nei loro
sentimenti più reconditi. Ma proprio nel momento in cui crede di
aver compreso il significato ultimo e più profondo della vita, tanto
da essere riconciliato con essa e pronto all’idea della morte, tutte
le sue certezze vengono frantumate e travolte da un catena di eventi
imprevedibili, insospettabili, dirompenti e da rivelazioni che
cambieranno per sempre il volto della sua esistenza passata,
presente e futura. Scopre che il suo ferimento non è stato casuale,
che la sua morte, apparentemente incomprensibile, è stata voluta con
fredda determinazione. Spionaggio industriale,
terrorismo
internazionale, questioni etiche e politiche, sentimenti che
sconfinano in un amore torbido e proibito, si intrecciano in una
parabola umana che risponde all'unica domanda cui non sappiamo
rispondere:
"Vuoi sapere qual è
il senso di tutto questo?
Qual è la risposta ultima, qual è il senso della vita?”
Per ogni cosa c'è il suo momento,
il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C'è un tempo per nascere
e un tempo per morire,
un tempo per piantare
e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere
e un tempo per guarire,
un tempo per demolire
e un tempo per costruire.
Ho
sempre pensato di essere destinato a realizzare qualcosa
d'importante per la quale la gente, e per gente intendo soprattutto
quelli che non ho conosciuto e che mai conoscerò, mi avrebbe
ricordato. Non che della gente e delle loro opinioni m'importi
granché, ma la cosa mi ha sempre affascinato. Un libro, una
canzone, un edificio, una cosa qualsiasi… tanto per creare l'inganno
dell'immortalità. Questa idea del ricordo postumo è stata per anni
una vera ossessione, svanita, grazie a Dio, con l'avanzare dell'età
e le disillusioni della vita. Adesso che sono riverso
sull'asfalto, intriso del mio stesso sangue, a guardare immoto e
impotente quello che resta del mio corpo, tutto mi appare insensato.
Quando si sta per morire, e io so che sto per andarmene, le
cose appaiono chiare, ognuna col suo giusto peso. Non ho
paura e, vivaddio, non sento nemmeno dolore. La morte, la mia
almeno, spero sia lieve come un'aria di Mozart. Sento ancora il
frastuono degli spari, ma di quanto è successo non mi è rimasta
alcuna immagine sulla retina. Mi sono sentito spingere all'indietro,
le colonne dei porticati in fuga verso la Cattedrale, i volti
risucchiati dal mio passare, il vuoto che avvolge ma non sostiene.
È stato come volare. Poi il freddo e il ruvido del selciato e infine
l'azzurro del cielo. C'è anche una piccola nuvola bianca. Erano anni
che non ne vedevo una. Le immagini passano veloci, più rapide di
quanto la mia mente riesca a percepire e i suoni hanno già raggiunto
la soglia dell'effetto Larsen. Sono sempre vissuto in città, dove il
cielo è poco più di un soffitto e le nuvole, anche se ci sono, non
significano niente. Mi pare di ricordare, ma è un filmato in uno
sbiadito bianco e nero, di una gita in campagna quand'ero bambino,
sdraiato su di un campo, a naso in su, a guardare le nubi e i cirri
rincorrersi trascinati dal vento. Ma forse si tratta solo della
scena di un film visto su un vecchio televisore B&W. Non so perché
diavolo mi vengano in mente queste cose ma quella nuvola è
davvero graziosa. Se ne sta lassù sola - fortunata lei ad esserlo -
nello spazio di cielo lasciato libero da due palazzi, immobile…Una
fitta di dolore, una sola. Chi e perché. Se n'è andato, il
dolore, e mi ha lasciato in compagnia di queste due stupide domande
del cazzo. Quante volte nella vita ho cercato la verità e ho trovato
risposte che non volevo? Non voglio sprecare i miei ultimi istanti
cercando di rispondere a domande prive di significato.
La nuvola intanto è sparita ed è rimasto solo l'azzurro del cielo.
Abbasso lo sguardo. Ci sono altri due corpi riversi sull'asfalto,
tanti quanti gli spari che mi hanno colpito. Il primo dei due mi ha
ferito di striscio alla spalla, in pratica non ho fatto nemmeno in
tempo ad accorgermene. È stato il secondo a scaraventarmi dove mi
trovo. Non so niente di armi, ma di certo si trattava di un grosso
calibro perché mi sono sentito sollevare da terra e poi, com'è vero
Iddio, sono volato. Cazzo se sono volato! Mi sembrava di essere
Keanu Reeves in una scena di Matrix. Se non fosse per la prognosi
finale, direi quasi che è stato divertente. Si sentono le urla
isteriche di una donna: vorrei tanto sapere che cosa ha da urlare
visto che sono io a essere stato ferito. Qualcuno urla di chiamare
la polizia, un altro chiede a gran voce un'ambulanza. Lo scalpiccio
di passi è sempre più forte. Attorno si deve essere formata una
discreta folla. Il sangue ha sempre
successo. Compiango quelli che
fingono di esecrare e condannare l'esibizione della violenza. I
media la mostrano perché noi lo chiediamo. Stephen King non sarebbe
multimilionario se noi fossimo tutti appassionati di storie alla Eco
o alla McEwan. Trovo naturale che la mia morte dia spettacolo, anche
se avrei preferito andarmene in silenzio. In ogni modo che guardino
pure, finché se ne stanno a debita distanza, non m'importa.
Una fitta di dolore, una sola. Chi e perché. Ancora quelle due
cazzo di domande!
Non voglio sapere ma, soprattutto, voglio gustare questi ultimi
attimi a modo mio. Forse è la prima volta che posso decidere
qualcosa fottendomene delle conseguenze. La paura degli esiti
indesiderati, che io ho sempre mascherato dietro l'asettica
espressione senso di responsabilità, mi ha costretto ad una
condotta di vita del tipo lavoro – casa – famiglia – dovere -
eccetera. Intendiamoci, a queste cose io sempre creduto e
probabilmente rifarei tutte le scelte che ho fatto: ho, anzi avevo,
una bella famiglia, una casa in città e una al mare, un buon lavoro.
Ma non è questo il punto. La vera domanda è un'altra: nel corso
della vita ho fatto quello per cui sono venuto al mondo o ho
sprecato il mio talento, se mai ne ho avuto uno, inseguendo un bel
programmino posto fisso con stipendio a fine mese? Quell'ossessiva
idea di essere destinato a qualcosa di importante era solo una mia
ambizione o invece sono stato un ingrato codardo che, per paura di
perdere la propria tranquillità, ha gettato il suo ingegno al vento? Vanità delle vanità,
dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità. Lo sguardo torna
all'asfalto. I due corpi sdraiati a terra si stanno rialzando.
L'uomo sparisce subito inghiottito dalla folla. La donna, ancora
sotto shock, resta in piedi senza sapere cosa fare. Elegante, sotto
la trentina, indossa una pelliccia. È bella e sa di esserlo.
Sa che in quel preciso momento decine di sguardi maschili la stanno
osservando, non per quello che le sarebbe potuto accadere, ma per la
sua bellezza resa ancora più eccitante dall'abbondante dose di rosso
pomodoro che riempie i vuoti della scena. Lei si guarda attorno,
lanciando rapidi sguardi ai suoi ammiratori per poi riportare gli
occhi verso un dettaglio della propria mise. Non esiste lembo del
suo viso che non sia stato trattato con una crema, un fondotinta o
un ombretto. È perfetta e sa di esserlo. La pelliccia,
slacciata ad arte, lascia intravedere attraverso lo spacco della
gonna una gamba lunga e slanciata che termina su una caviglia esile
come lo stelo di un flute di cristallo. Si guarda ancora intorno
poi, inatteso, il suo sguardo incrocia il mio e già mi aspetto di
sentire un urlo o di vedere la mano che corre a coprirsi la bocca o
gli occhi per nasconderli dall'orrore e il disgusto del mio sangue.
Invece sostiene il mio sguardo e si avvicina decisa.
Finora nessuno l'aveva ancora fatto. Tutti gli altri stronzi che mi
circondano se ne sono rimasti distanti quel che basta per non
sentire l'odore del mio fluido vitale che si sta spargendo
sull'asfalto.
Quando è a meno di un passo da dove sono, s'inginocchia, le sue
splendide cosce imbrattate di sangue alla mercé degli sguardi di
tutti, e mi sorride.
Non so cosa ci sia da sorridere ma capisco che il suo è un riflesso
condizionato, ispirato da un qualche recondito istinto da
crocerossina.
Il profumo, il suo profumo non quello della costosa eau de
toilette di cui si è irrorata, mi penetra nelle cavità nasali fino
all'etmoide e da lì alla corteccia cerebrale.
"Stai calmo, stanno arrivando i soccorsi".
La sua voce, anzi il corpo della sua voce, è potente e pervasivo
come il suono di una tromba nell'abside di una cattedrale. Tutti gli
scalpiccii, i mormorii, gli stridii, gli squittii degli stronzi che
ci stanno attorno spariscono. Siamo rimasti soli. Ancora una volta
non capisco dove mi stia portando la mente. Ho forse solo pochi
istanti da vivere e certo non posso avere alcuna mira su questa
donna, eppure mi ha già infettato l'esistenza. Ci sarebbe da
meditare a lungo, avendone il tempo, su questo. Io, invece, me ne
voglio fottere. Mi torna alla mente un film - La vita a modo mio -
con un attempato Paul Newman che interpreta un vecchio mascalzone
che, nonostante le disgrazie accumulate nel corso degli anni, vive
intensamente la vita per quel che è, disincantato di quello che
pensano gli altri e di quello che gli potrà accadere il giorno dopo.
Ecco, io voglio vivere questi ultimi istanti, così: libero,
incosciente a tal punto d'innamorarmi di una donna che non conosco
anche se so che non potrò mai averla perché non me ne rimane
il tempo.
Lei continua a sorridere. Ho voglia di baciarla. Provo a parlare.
Una fitta di dolore, una sola. Chi e perché.
Quando
ho avuto l'idea del Panopticon mi trovavo in ufficio e ho pensato
esattamente questa frase: "Un uomo è ferito a morte mentre cammina nel
centro della sua città. Negli ultimi cinque minuti della sua esistenza
oltre a comprendere il senso della propria vita, scoprirà chi e perché".
Subito dopo mi sono detto, non ce la farò mai! Com'è possibile sostenere
un romanzo, anche se breve, con il protagonista in fn di vita,
impossibilitato a emettere il benché minimo suono e pretendere che lui
stesso scopra movente e attore del proprio omicidio?
Eppure ci sono riuscito e così bene che...
Presto (forse) Panopticon sarà un
film
Dario Piana (www.dariopiana.com),
il più blasonato e longevo dei registi pubblicitari italiani, si è
immediatamente innamorato di questo soggetto e siccome nel 2003 non
aveva ancora concrete possibilità di poterlo proporre a una Major di
Hollywood, ne aveva portata una copia a Stefano Gallini, produttore
della Code39 FILMS di Beverly Hills che qualche mese dopo ha opzionato
il libro per poterne fare un film.
Per chi non lo sapesse la gestazione di un film è cosa lunghissima ed
essendo la Code 39 impegnata in numerose produzioni, il film sul
Panopticon non ha mai visto la luce.
Nel frattempo però, Dario ha fondato una propria casa di produzione la
PIANA FILM e ha opzionato finalmente il Panopticon per i propri fini.
Quindi, mentre aspettate di vederlo al cinema, potete
scaricare i primi
capitoli di questo giallogratuitamente e magari
acquistare poi il libro.