Il mondo del lavoro è al centro di una vera e propria rivoluzione, paragonabile per portata ed impatto sulla quotidianità, all’attuale rivoluzione digitale, rappresenta uno dei grandi temi d’attualità e tematica centrale dei programmi politici e dei media. Di recente anche l’occhio vigile dei Regulators ha posto costantemente tale tematica sotto la lente d’ingrandimento al fine di coglierne e regolarne le principali sfumature sempre più orientate a soddisfare la richiesta di “flessibilità”. La flessibilità sta diventando sempre più scontata e le risorse riescono a ricollocarsi verso posizioni che gli permettano di essere remunerate in maniera più appropriata.
Tale offerta di lavoro “flessibile” è da intendersi sia in termini temporali (si pensi ad es. disponibilità a lavorare in orari differenti ai canonici “orari d’ufficio” e con modalità più dinamiche come lo smart working), che in termini di qualifiche, certificazioni e competenze professionali che richiedono la disponibilità ad investire nel costante aggiornamento al fine di evitarne l’obsolescenza, specialmente per i “knowledge workers” (si pensi ad es. alla necessità delle aziende di acquisire nuove competenze digitali in costante evoluzione). Nonostante sia ormai palese, alla luce di quanto sopra, la necessità di creare un “ecosistema agile” per fronteggiare la concorrenza e cogliere le sfide dell’innovazione, in molti ambiti e livelli aziendali e nelle diverse categorie di lavoratori ancora non si è inculcata la cultura della “flessibilità” volta ad apportare un vantaggio competitivo.
Si vedano gli esempi di aziende come Uber, Mechanical Turk o Upwork che sfruttando questo trend e contribuendo nello stesso momento ad una profonda metamorfosi del mondo lavorativo sono riuscite a generare ricavi per miliardi di euro. In linea di massima, si è assistito in primis allo sviluppo di occupazioni occasionali caratterizzate da basse qualifiche piuttosto che di professioni gratificanti ed altamente specializzate. Nonostante questa evoluzione stia finalmente cominciando ad influenzare anche professioni più qualificate, aziende come CoMatch, Toptal o Gun.io sono quasi esclusivamente focalizzate su risorse senior. La teoria preponderante, legata all’ esclusione delle risorse junior da tale contesto, è che i giovani più talentuosi, per fronteggiare efficacemente la dinamicità dei contesti lavorativi attuali, debbano prima sviluppare le loro competenze attraverso anni di lavoro rigido e parzialmente sottopagato tramite soluzioni lavorative tradizionali.
Viceversa, CoStaff crede fermamente che non sia più questo il caso: juniors eccellenti possono contribuire da subito ed in maniera significativa nelle realtà lavorative attuali e le aziende sono disposte ad investire su di loro; le due parti devono solo essere collegate in maniera opportuna. La nostra mission è di collegarle a seguito di un accurato processo di selezione da cui entrambe beneficeranno. Da un lato le aziende possono trarre vantaggio da un’istantanea e mirata disponibilità di risorse junior che forniscono competenze e/o forza lavoro mancanti, dall’altro lato i lavoratori junior possono progredire più velocemente grazie a soluzioni lavorative duttili, più adatte al loro stile di vita dinamico.
Cominciare dove abbiamo visto domanda e offerta allinearsi in maniera concreta, grazie alle nostre esperienze professionali, è stato naturale. Dal lato della domanda le PMI nel settore della consulenza aziendale sono caratterizzate da una necessità variabile, legata ai progetti gestiti di volta in volta, di juniors talentuosi con competenze specifiche che non viene soddisfatta efficacemente tramite i canali tradizionali del mercato del lavoro. Dal lato dell’offerta studenti universitari eccellenti con diversi backgrounds e esperienze sono pronti per sfide molto più impegnative dei poco stimolanti stage (sottopagati), ma possono dedicarsi solo a progetti relativamente a breve termine. Le risorse junior vengono scrupolosamente selezionate e le due parti collegate tramite un processo abilitato da tecnologia e machine learning, sviluppato per migliorarsi di volta in volta riducendo al contempo tempistiche e costi relativi. Una volta consolidati in quest’area, puntiamo ad espanderci in maniera mirata per avvicinarci ulteriormente al nostro obiettivo di incrementare la flessibilità in tutto l’ambito del lavoro junior apportando valore immediato alle aziende.
Raggiungere questo obiettivo è una sfida personale che ci siamo posti. Luca Lallopizzi (27) viene da diverse esperienze professionali in PMI italiane dove ha vissuto in prima persona le difficoltà che le aziende hanno nel collocare risorse junior. A pochi mesi di distanza, queste difficoltà si sono rivelate contrastanti rispetto a quanto sperimentato in Germania durante i suoi studi universitari, considerando il valore creato per le imprese in progetti di consulenza sviluppati congiuntamente da queste e le università stesse. Qui è nata l’idea che anche studenti universitari nel contesto italiano possano risolvere i problemi delle PMI, una volta connesse efficacemente le due parti. Nello stesso momento, il suo co-founder Max Willert (26) è arrivato ad una simile conclusione lavorando nello stesso settore: portando una student consulting (azienda di consulenza che si avvale di studenti universitari) fino a €60 mila di fatturato mensile, si è reso conto di quanto le PMI di consulenza abbiano un bisogno sostanziale di risorse junior per completare portare a termine efficacemente i loro progetti.
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